9° Edizione - Torneo di Calcio a 11 - Roma, 27 marzo 2011

Alfredo DI STEFANO: La Saeta Rubia

"Una partita senza gol è come un pomeriggio senza sole", disse una volta Alfredo Di Stefano, che di gol ne ha segnati oltre 900! L'allenatore del Real Madrid, Munoz, diceva che con lui era come se ci fossero due uomini per reparto.

Era solito giocare con il numero 9 sulle spalle, ma era un 10 a tutti gli effetti. Veloce da far invidia ad un centometrista puro, tanto da guadagnarsi il soprannome di Saeta Rubia (freccia bionda), era dotato di tecnica sopraffina e di un senso del gol con pochi eguali. Assolveva al lavoro di tutti i ruoli, sapeva essere difensore incontrista e attaccante rifinitore, nonché lussuoso elegante leggero e possente centravanti. Si assommavano in Di Stefano effettivamente tutte le doti del calciatore. Alcuni lo ritengono il migliore calciatore di tutti i tempi,tra essi anche l'ex calciatore Pelé.

All'anagrafe Alfredo di Stéfano Laulhé era un figlio di quell’Italia che, al termine del primo conflitto mondiale, metteva le speranze ed i sogni in una valigia di cartone e partiva alla volta dell’Argentina a cercar fortuna. Nasce il 1926 a Buenos Aires, in Argentina, nel rione Barracas, in quella capitale del mondo, in quella città senza confini, dove ogni razza è libera di vivere, dove bianchi e neri, siciliani e turchi, trovano, un angolo, un riparo. Argentino di passaporto, ma italiano nella pelle e nelle ossa, cambiò più volte nazionalità nel corso della sua carriera, ma paradossalmente non prese mai quella italiana.

Il River Plate gli fece firmare un contratto a soli 15 anni. Ma era troppo giovane per poter competere con il fenomenale attacco che vantava in quegli anni la squadra argentina e così finì in prestito all’Huracan, dove si mise in evidenza, segnando 50 gol in 66 partite, e dove realizza anche la rete più veloce della storia del campionato argentino: solo 15 secondi, proprio contro il River Plate.

Tornò al River a 21 anni, vincendo campionato e classifica marcatori e guadagnandosi la convocazione nella Nazionale Argentina per la Coppa America, dove conquista il titolo sia con la Nazionale che individualmente come capocannoniere della competizione, con 6 reti.

Nel 1949, nell'Argentina di Evita e Peron scoppia la crisi economica e le società non pagano più gli stipendi. Il giovane Alfredo aderisce allo sciopero dei calciatori e insieme a molti di loro (per non essere bollati come crumiri) si trasferisce verso la vicina Colombia, nelle ricca squadra Millionarios. La FIFA esclude allora la Federazione colombiana e squalifica i calciatori fuggiti in quel paradiso. Nel Millionarios di Bogotà segna valanghe di col e vince quattro scudetti su cinque campionati. Quando la Colombia fu reintegrata nella Fifa, i Millonarios fecero una tournée mondiale durante la quale Di Stefano fu notato dal presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu, che lo acquistò per 70.000 dollari!

Era il 1953 e proprio con il Real Madrid la stella di Alfredo Di Stéfano conosce il suo maggior splendore: 8 campionati spagnoli, 1 coppa di spagna, 5 Coppe dei Campioni (in cui andò sempre a segno nelle rispettive finali, unico nella storia a riuscirci), 2 Coppe Latine, 1 Coppa Intercontinentale e tantissimi riconoscimenti individuali tra i quali 5 Pichichi della Liga (capocannoniere campionato), 1 capocannoniere in Coppa dei Campioni, 2 Palloni d’Oro. Era nata la squadra madrilena di tutte le leggende, dopo oltre vent'anni che non vinceva la Liga.

La sua popolarità è eccezionale anche grazie alla diffusione della televisione, approdata in Italia proprio in quegli anni, che permette una maggiore diffusione di immagini di calcio giocato ed apre spazi per gli "eroi della domenica" anche sul grande schermo. Alfredo Di Stefano sarà interprete delle due pellicole spagnole "Saetta Bionda" (Saeta Rubia - 1955), "Lo scontro della domenica" (La Batalla del Domingo - 1962).

Nel 1964 si trasferisce all'Espanyol dove gioca fino al 1966, chiudendo la sua carriera di calciatore all'età di 40 anni.

Rimane però nel mondo del calcio come allenatore: nel 1970 vince con il Boca Juniors un campionato argentino; poi allena lo Sporting di Lisbona; quindi ritorna in Argentina dove vince un altro titolo stavolta con il River Plate; infine si siede sulla panchina del Valencia dove riporta lo scudetto dopo 24 anni.

Il Di Stefano calciatore è riuscito a diventare leggendario pur non avendo mai preso parte a quella che è considerata ovviamente la manifestazione calcistica più importante in assoluto: la fase finale della Coppa del Mondo per Nazioni. E questo nonostante abbia giocato in ben 3 nazionalità!

Nel 1950 l'Argentina si rifiutò di partecipare alla Coppa del Mondo. Così Di Stefano perse la sua prima chance di giocarla. Durante gli anni in cui giocò in Colombia fu convocato dalla nazionale colombiana dove però, a causa dei pochi impegni della sua nuova nazionale, Di Stefano giocò solo 4 partite. Nel 1956 diventò cittadino spagnolo e finalmente si qualificò con la Spagna per i Mondiali del 1962, ma un infortunio muscolare gli impedì di disputare anche solo una partita. Si ritirerà dopo questa manifestazione.

Oggi Di Stefano è un ricco e anziano signore che deve la sua agiatezza al calcio. Dal 5 novembre 2000 è presidente onorario del Real Madrid, dove la dirigenza gli ha dedicato una vera e propria cittadella sportiva, denominata appunto Alfredo Di Stefano, che è il quartier generale della società e ospita gli incontri ufficiali della formazione B del Real. Un importante tributo che testimonia la stima e la riconoscenza che la società ha in questo campione, il cui contributo calcistico e umano è stato sicuramente determinante per il raggiungimento del fregiato titolo, assegnato dalla FIFA, di migliore squadra del XX secolo.

Alfredo Di Stefano involontariamente ha inventato il calcio totale, il calcio che ha superato i ruoli. Lui è stato un centravanti, ma anche una mezzala, un mediano, un'ala, un terzino. La sua dote più rara non è nel bagaglio tecnico, ma nella capacità di continuare a giocare con l'applicazione di un umile gregario: corre per 90', insegue l'avversario, porta il tackle e non è raro vederlo intervenire nel cuore della sua area di rigore. In un gioco "di posizione", come quello degli anni ’50, Alfredo Di Stefano rompe continuamente gli schemi ricomponendone altri. Sembra un giocatore degli anni '70 per la versatilità e la velocità del suo gioco.

"Non è difficile" - raccontava nelle rare interviste a chi gli chiedeva come riuscisse a trentacinque anni, dopo aver vinto tutto, a trovare gli stimoli per allenarsi- " fare come faccio io, se si è stati poveri ed affamati come lo sono stato io. A me basta ricordare il giorno che capii che se giocavo bene mi pagavano bene, ma se giocavo meglio mi pagavano meglio. E da allora non ho mai smesso di cercare di migliorare."

"Per diventare bravi giocatori occorre pensare giorno e notte al pallone."

Questo DiStefano-Rap è stato composto trafugando a piene mani ma affettuosamente qua e la sulla rete.

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