8° Edizione - Torneo di Calcio a 11 - Roma, 11 gennaio 2010

ALEKSEY KLIMENKO e La Partita Memorabile

Il 22 giugno 1941 le truppe naziste avviano l’Operazione Barbarossa, penetrando nel territorio dell’Unione Sovietica. A settembre, l’esercito del Reich fa il suo ingresso a Kiev: nell’Ucraina occupata il campionato di calcio viene sospeso. Un imprenditore collaborazionista, Isofis Kordik, riunisce alcuni dei migliori calciatori ucraini, che giocavano nella Dynamo e nella Lokomotiv, li fa lavorare nella sua panetteria e ottiene il permesso di organizzare una squadra da esibizione. I giocatori sono: Nikolai Trusevich, Mikhail Sviridovskiy, Nikolai Korotkikh, Aleksey Klimenko, Fedor Tyutchev, Mikhail Putistin, Ivan Kuzmenko, Makar Goncharenko (dalla Dynamo), Vladimir Balakin, Vasiliy Sukharev, Mikhail Melnik (dalla Lokomotiv). La squadra viene chiamata Start.

La battaglia di Stalingrado inizia il 17 luglio 1942. Negli stessi giorni la Start affronta la Rukh, formata da ucraini legati agli invasori, e vince facilmente. Poi è il turno di una squadra di prigionieri rumeni, e la Start vince di nuovo. Avevano pensato che il calcio potesse servire a procurare qualche svago alle truppe di occupazione. Ora i nazisti vogliono segnare la loro superiorità anche sul terreno di gioco, perciò allestiscono una squadra (Adler), che viene a sua volta sconfitta. La Start vince un altro paio di partite contro la squadra dei camionisti e quella dei genieri della Wehrmacht, finché la Gestapo decide sia venuto il momento di ristabilire l’ordine.

Una selezione dei migliori ex-calciatori che fanno parte dell’aviazione (Flakelf) è chiamata sistemare le cose nel pomeriggio del 6 agosto. Devono essere degli irresponsabili, quei sovietici, oppure i tedeschi continuano a sottovalutarli, perché finisce 5 a 1 per la Start. Il giorno dopo, i muri di Kiev sono tappezzati di manifesti, stampati con la stessa lugubre grafica degli editti militari: annunciano per domenica 9, allo stadio Zenith, la ripetizione della partita. Non c’erano telecamere, non ci sono arrivate fotografie di quella partita di calcio. Sugli spalti, solo donne e anziani, bambini e soldati. I tedeschi sfoggiano divise confezionate per l’occasione, i prigionieri hanno le solite maglie rosse a maniche lunghe, con il collo a vu, recuperate al mercato nero dal portiere Trusevich. Anche l’arbitro fa parte delle SS.

Deboli e male allenati, i prigionieri sono consapevoli della trappola: tutto è congegnato affinché la squadra tedesca confermi la superiorità delle forze armate. Infatti, la Flakelf passa presto in vantaggio, grazie a un gioco aggressivo e intimidatorio: dalle tribune si alzano colpi di fucile e scariche di mitra. Protestare non servirebbe a nulla, i sovietici cercano solo di evitare i colpi più pericolosi; ma la loro qualità calcistica è pari all’orgoglio e Ivan Kuzmenko pareggia con un tiro da lontano. Il gioco riprende con maggiore animosità. Pochi minuti dopo, Makar Goncharenko realizza il gol che manda le squadre negli spogliatoi con la Start in vantaggio.

Nell’intervallo, un ufficiale nazista entra nella baracca dei prigionieri per ribadire quello che già doveva essere chiaro: una sconfitta tedesca, nessuno avrebbe potuto raccontarla. Qualcuno sostiene che in cambio di un atteggiamento arrendevole, ai sovietici sarebbe stata offerta la fuga in Svizzera, ma non mi pare vi fossero margini per un trattativa.

All’inizio della ripresa, ecco la Flakelf pareggiare. Poi, di nuovo, accade l’inconcepibile: i calciatori della Start vanno in gol altre due volte. Risultato finale: 4 a 2 (secondo altre fonti è finita 5 a 3). Leggenda nella leggenda, Aleksey Klimenko scarta tutti i tedeschi, compreso il portiere, e deposita il pallone sulla linea del gol, senza oltrepassarla: un intollerabile gesto di scherno e di ribellione, che convince l’arbitro, quando mancano diversi minuti al novantesimo, a dichiarare chiuso l‘incontro.

Ufficiali della Gestapo si presentano da Kordik, con una lista di nomi. I calciatori della Start vengono prelevati e rinchiusi nella caserma della polizia segreta. Alcuni risultano iscritti al Partito Comunista, Nikolai Korotkikh ha la qualifica di agente di polizia: ciò basta a definirlo una spia e fucilarlo sul posto. Trusevich e Kuzmenko subiscono la stessa sorte un mese dopo. La rappresaglia tedesca prevede che tutti gi altri siano torturati e poi trasferiti nel campo di concentramento di Siretz, dove sopravviveranno solo Sviridovskiy e Goncharenko.

Il campo di concentramento di Siretz, dove i giocatori vengono trasferiti e dove sono costretti come tutti i prigionieri a lavorare in condizioni disumane, è tristemente famoso per la ferocia del suo comandante, il famigerato Paul von Radomski. Quando, nel 1943, i tedeschi subiscono un attacco partigiano, viene ordinata la rappresaglia nei confronti dei prigionieri del campo ed il comandante ordina la fucilazione di un internato ogni tre. I prigionieri uccisi vengono gettati a Babi Yar, un dirupo situato a Kiev e tristemente noto come la sede del più ampio episodio di massacro da parte dei nazisti (oltre 33.000 in soli due giorni), oltre ad essere il luogo in cui più di 100.000 persone vengono giustiziate nel corso dell’occupazione tedesca.

Nei primi giorni del febbraio 1943, i sovietici sfondano a Stalingrado; il 6 novembre, dopo 778 giorni di occupazione, Kiev viene liberata. Davanti al nuovo stadio cittadino viene eretto un monumento che celebra gli eroi della “partita della morte”.

Questa drammatica vicenda sportiva ha ispirato molte pagine letterarie, uno spettacolo teatrale (Bundesliga ‘44, di Gianfelice Facchetti) e almeno tre film: Due tempi all’inferno, dell’ungherese Zoltàn Fabri (1961), Il terzo tempo, del sovietico Evgenij Karelov (1962) e Fuga per la vittoria, di John Huston (1981). Dei tre l’ultimo è forse il più conosciuto, visto anche i molti fondi a disposizione, ma certamente il più lontano dalla realtà, con un americano nella squadra dei prigionieri, un ufficiale tedesco che mostra una certa sportività ed i giocatori tratti in salvo dal pubblico che invade il campo. La realtà, purtroppo, è stata ben diversa.

Questo Start-Rap è stato composto trafugando a piene mani ma affettuosamente dal libro Il compagno Tommie Smith e altre storie di sport e politica [malatempora editrice - 11,00 €] di Rudi Ghedini (nella cui benevolenza confidiamo con devozione), e da qualche articolo trafugato qua e la sulla rete.

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