3° Edizione - Torneo di Calcio a 11 - Roma, 25 febbraio 2008

GIGI MERONI La Farfalla Granata

"Io faccio così non per esibizionismo, ma perché sono così; perché anelo alla libertà assoluta e questi capelli, questa barba sono uno dei segni di libertà. Può darsi che un giorno cambierò quando la mia libertà sarà un’altra". Gigi Meroni in risposta a un giornalista che lo incalza su presunte manie esibizioniste.

La storia di Gigi Meroni è irripetibile. E Gigi Meroni è la sua storia. Bella e malinconica. Struggente e affascinante. C’è sullo sfondo l’Italia dei campi senza porte in cui giocavano ragazzi di nome Tarcisio e Giacinto, Paride e Giobatta. Che sapeva di campagna. Aveva imparato a giocare nel cortiletto di casa, tirando la palla contro la porta di una bottega artigiana. Poi era diventato sempre più simile a un calciatore vero giocando all’oratorio di San Bartolomeo. Niente stages per pulcini, insomma. O scuole per futuri campioni aperte da campioni del passato.

Appena maggiorenne esordisce col Como in serie B; un anno dopo, nell’estate del 62, viene acquistato dal Genoa. È un continuo crescendo a caratterizzare poi la sua vita. Cresce il suo valore in campo, la sua valutazione economica fuori, diviene inarrestabile l’ascesa del personaggio e con questa la portata delle critiche. Non c’è atteggiamento del ragazzo che non faccia rumore. Nel 1964 passa al Torino per una cifra mai pagata per un ventenne; con la maglia granata si consacra, amatissimo dal suo pubblico che per scongiurarne la partenza verso i rivali della Juventus scende in piazza e minaccia rivolte. Il 15 Ottobre 1967, a soli 24 anni, al rientro a casa dopo una partita di campionato, muore investito.

Prima di lui, gli anni cinquanta di Marylin Monroe, la rivoluzione dei linguaggi del fascino sessuale come detonatore per la deflagrazione dei conformismi nel decennio successivo. Dopo, il mito di Che Guevara, la rivolta giovanile e le ideologie collettiviste del 68. Nel mezzo, la breve carriera di Gigi Meroni e le spinte di libertà individuale dei primi anni sessanta.

Il 1967 sarà l’anno dell’offensiva fallimentare degli Stati Uniti sul delta del Mekong (durante la guerra persa in Vietnam), l’anno del conflitto del Biafra, l’anno della guerra dei sei giorni tra Israele, Egitto Siria e Giordania (con l’occupazione israeliana della penisola del Sinai, della striscia di Gaza, del settore arabo di Gerusalemme, della Cisgiordania e delle alture siriane del Golan) l'anno dell’uccisione di Ernesto Che Guevara in Bolivia (prima ferito in uno scontro a fuoco e poi ucciso a sangue freddo).
Il 1967 sarà anche l’anno della morte di Luigi Tenco durante il festival di San Remo, del primo album dei Pink Floyd e della pubblicazione di Sgt Pepper's and Lonely Hearts Club Band da parte dei Beatles.

Alcuni particolari consegnano la morte della farfalla granata alla storia e le danno il sapore dolce-amaro della favola: alla guida dell’auto che lo investe c’è Attilio Romero, che sarebbe poi divenuto presidente del Torino. La domenica successiva il Toro umilia la Juventus nel derby: 4 a 0 con tre reti del suo grande amico Combin febbricitante e l’ultima rete di Carelli, che gioca al posto di Meroni con la sua maglia numero 7. Dopo Superga, quando un aereo guidato dal comandante Luigi Meroni si schiantò su una montagna con quasi tutta la formazione dell’invincibile Torino a bordo, una nuova tragedia si abbatte sul popolo granata.

Il calcio come religione dicono alcuni. Gigi Meroni ne dissacra i dogmi: il mondo del calcio conformista e conservatore ha trovato il suo eretico, la stampa inquisitrice la strega da cacciare.
Alla prima chiamata in nazionale B, il supervisore Edmondo Fabbri gli chiede di tagliare i capelli. Meroni acconsente. Nell’aprile del 65, convocato per una partita con la Polonia subisce un duro attacco dalla stampa italiana, reo di aver disonorato la nazione con il suo look bizzarro e dissacrante. Il Tempo non esita dalle sue pagine a definirlo un pagliaccio. Fabbri, da parte sua, si vede costretto a chiedergli nuovamente di sistemare l’acconciatura. Gigi questa volta si rifuta e commenta: “è un attentato alla vita privata. Non è questione di capelli o gusti musicali, è questione di libertà”.

Cristiana si chiamava la ragazza che lo aveva fatto innamorare, che lo aveva fatto impazzire fino a portarlo in chiesa a scrutare con ansia il suo matrimonio con un altro, e che dopo qualche mese scappò con lui. Non faceva né la fotomodella, né la velina, né era figlia di un ricco imprenditore. Faceva la ragazza del luna park, al bancone del tiro a segno. La bella delle belle, la chiamavano. Compagna di Gigi quando il divorzio ancora era peccato, anzi quando l’adulterio era reato da codice penale.

Meroni, il beatle italiano, una breve vita normale, resa irregolare dall’aver sfidato convenzioni e critica sportiva nazionale, perbenista e conservatrice. Disegna i suoi abiti bizzarri, la capigliatura beatle è non convenzionale, la barba spesso incolta anche. I calzettoni in campo sono abbassati, come gli idoli Sivori e Corso, come Mary Quant con la minigonna oltremanica, sfida abitudini e avversari mettendo in mostra i suoi stinchi fragili. La critica sferra attacchi violentissimi alla sua vita privata. Lui alterna atteggiamenti disinteressati ad altri palesemente provocatori: girare in città con una gallina al guinzaglio è solo uno tra i tanti.

Chi potrebbe essere oggi come Gigi Meroni, fuori da quegli anni? Chi potrebbe esserlo, fuori dagli anni magici dei Beatles, quando un cenno di capelli in più sulla fronte o sulla nuca era devianza, disordine o, nel più benevolo dei giudizi, stravaganza? Gigi li portava lunghi nel più conservatore dei mondi, quello del calcio; dove il giocatore non poteva avere opinioni e vigevano regole gerarchiche di ferro. E li portava lunghi, anche con tanto di barba, non per stupire, ma per un naturale istinto di libertà. L’istinto di chi era artista sul campo ma anche nella sua mansarda proibita, dove oltre a proteggere con gelosia la sua vita con Cristiana dipingeva (e proteggeva con altrettanta gelosia) le sue tele, in attesa di lasciare il calcio e diventare pittore.

Alla fine il miglior ritratto di sè lo dipinge lui stesso: come un hidalgo, baffuto cavaliere generoso e leale.

“tutti battono le mani, si alzano improvvisamente, per non perdere di vista la palla avvelenata che sembra impazzire innamorata, quando sulla fascia vola la Farfalla Indiavolata”

Questo Meroni-Rap è stato composto trafugando a piene mani ma affettuosamente dai seguenti autori che parlano, almeno in parte, della giovane farfalla

[http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=398]
[http://www.nandodallachiesa.it/public/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=408]
[http://www.dariocastelletti.com/torino-fc/speciale-gigi-meroni-su-radio-flash-e-popolare-network/]
[Chi si ricorda di Gigi Meroni? - Yo Yo Mundi]

che i maestri possano perdonare la nostra audacia.

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